"...Rimaneva
una pagina da esaminare.
Era
una sorta di circolare interna con un simbolo simile ad un caduceo
come intestazione e poco sotto MIJ12 ONLY e l’avvertimento
“DISTRUGGERE DOPO LA LETTURA”.
Il
testo era breve e diceva:
“Entro
l’anno prossimo avrà inizio l’ultima fase del progetto
‘BIGLIETTO DI SOLA ANDATA’, tutti coloro che ricevono questo
documento e che ne sono quindi informati sono invitati ad iniziare le
procedure di evacuazione e di controllo dei lasciapassare. La data
precisa verrà comunicata in seguito non appena ‘SECONDA EVA’
sarà pronta.”
Victor
rimase allibito; non sapeva davvero cosa pensare. Dentro di sé
tentava di convincersi che forse non era nemmeno necessario
comprendere appieno il significato di quelle informazioni.
L’importante era che fossero genuine, che tutta questa storia non
fosse una sciocchezza. Ma non riusciva ad ingannarsi. Sapere di cosa
si trattasse l’avrebbe aiutato a negoziare in futuro la sua
posizione, a non prendere rischi inutili, in definitiva a gestire al
meglio la situazione.."
":::Pochi
minuti dopo essere arrivato in ufficio ricevette una telefonata.
“Victor
Gorliesky?” chiese sbrigativamente la voce con accento
inequivocabilmente russo.
“Si,
chi parla?” rispose automaticamente in inglese.
“Sono
Mikhail Kovalev, vice-direttore dell’ufficio per il nord Europa del
FSB.”
Victor
si sentì gelare il sangue nelle vene. Kovalev era il responsabile di
settore a cui faceva riferimento il superiore di Victor. Era insomma
il capo del suo capo. La sua telefonata non poteva nascondere nulla
di buono ed era una considerevole eccezione burocratica.
Probabilmente Kovalev ricopriva anche un'altra carica per la quale la
telefonata rientrava nelle sue competenze dirette ma Victor non aveva
il tempo di verificare.
“Buongiorno
direttore, mi dica” Victor si mostrò deferente ma non voleva
apparire spaventato.
“Buongiorno
signor Gorliesky. La chiamò per informarla che la sua presenza è
richiesta qui a Mosca il più presto possibile.”
“Signore,
il motivo?”
“Non
è il caso di parlarne al telefono, le arriverà presto sulla
scrivania l’ordine di convocazione con i tempi e le istruzioni
precise.”
Victor
sapeva che era inutile insistere o provare ad opporsi a quella
decisione.
“Va
bene.”
“Allora
ci vediamo quando arriva qui a Mosca, arrivederci.”
“Arrivederci.”
Questa
davvero non ci voleva. Ma non aveva scelta. Temeva di ricevere una
telefonata simile da molto prima di incontrare Anatolji. Da quando
aveva cominciato a fare il doppio gioco, poteva arrivare in qualsiasi
momento.
Non
poteva essere sicuro che fosse quello il caso ma vi era una forte
probabilità. La cosa che lo preoccupava di più era che la
telefonata fosse giunta proprio in quel momento. Temeva che fosse
collegata agli avvenimenti degli ultimi giorni.
I
suoi contatti alla MI6 avevano allestito un piano per aiutarlo a
scappare, nel caso fosse stato scoperto. Non ne conosceva i dettagli
perché era stato allestito per prendere il via da Mosca, nel caso
fosse stato in pericolo.
Quindi
doveva tornare e giocarsi lì le sue carte..."
"...
Un
incubo. Poiché non ricordava di averne mai fatti non era sicuro di
vivere un incubo. Gli pareva strano di esserne così consapevole. Si
era sempre immaginato i sogni come realtà fugaci che la mente
percepiva vere come la realtà stessa.
Stava
sognando di essere un orso o un’orsa... si, una mamma orsa che
inseguita dai cacciatori cercava di mettere in salvo i suoi piccoli.
Sentiva sentimenti contrastanti. Avrebbe voluto fermarsi per saltare
alla gola di quegli uomini senza pensare alle conseguenze ma c’erano
i suoi cuccioli da salvare. Allora correva nel bosco fino che una
trappola gli afferrava una zampa facendolo urlare dal dolore e
immobilizzandolo al suolo.
Sentiva
le voci dei cacciatori sempre più vicine e quando si voltò per
vedere i suoi piccoli questi avevano assunto le sembianze di Teresa.
Si vedevano solo delle mani uscire da un cespuglio e tirarla dentro
il fitto del bosco. La stavano portando via. Cercando di rincorrerli
venne trattenuto dalla morsa sulla gamba e un instante dopo si
svegliò nel suo letto.
Non
capiva se era ancora il sogno ma non poteva muoversi.
Si
svegliò di soprassalto. Era sudato ed affannato.
Per
un attimo dovette ritrovare l’orientamento.
Teresa
non c’era.
Uno
sguardo rapido nella stanza rivelò che Teresa non era li. Solo le
tende si muovevano gonfiate dal vento notturno. A passi svelti uscì
dalla camera per cercarla. Al piano di sopra non c’era. Scese di
corsa le scale perché percepiva un oscuro presentimento. La casa era
buia e silenziosa, prima la cucina poi la sala da pranzo ed infine il
salotto. Non era nemmeno nella lavanderia, sul retro della casa.
Aprì
allora la porta sperando di trovarla sul patio ma non era nemmeno lì.
Ma
stava ancora sognando? Si sentiva stupido per essersi posto una
domanda del genere ma non sapeva cosa pensare. C0erto potevano esserci
molte spiegazioni ma lei non aveva mai fatto una cosa del genere e
non l’avrebbe mai fatta senza avvisarlo sapendo quanto si
preoccupava per lei.
Forse
non voleva che lui lo sapesse? Era scappata?
Tornò
di nuovo dentro e accese tutte le luci, salì al primo piano e fece
lo stesso per cercarla meglio. Nulla. Quindi cercò disperatamente di
nuovo al piano terra, ma niente. Corse affannosamente fuori sul prato
guardandosi attorno ma nulla. Le azioni di Mark erano sempre più
concitate.
Era
timoroso di gridare. Temeva che se Teresa stava facendo solo una
passeggiata e lo sentiva urlare si sarebbe potuta spaventare.
Doveva
costringersi a pensare con lucidità almeno per un momento. C’era
qualche indizio che potesse giustificare l’insolito comportamento
di Teresa? Qualcosa fuori posto? Teresa gli aveva detto qualcosa di
insolito?
Rientrato
in casa un dettaglio attrasse la sua attenzione. Si ricordò di aver
visto che la cornetta del telefono a muro in cucina penzolava, come
se fosse stata lasciata cadere. Allora corse in cucina e la raccolse
portandosela all’orecchio..."
"...C’erano
molte cose al mondo alle quali non sapeva dare spiegazioni. Tanto
quello che del mondo percepiva come privato cittadino, quanto quello
di cui veniva a conoscenza tramite il suo lavoro, cose che spesso
apparivano prive di significato. Alle volte sembrava che il mondo
fosse come una biglia impazzita che rotolando sempre più veloce in
discesa confidava nella gravità, con l’unica prospettiva di
schiantarsi alla prima occasione.
Ma
se sullo sfondo della vita quotidiana questa nuova verità assumeva i
contorni di un patto scellerato tra umani ed alieni, il complicato
puzzle della realtà in senso più ampio assumeva una forma compiuta.
Il comportamento assurdo dei militari, la folle corsa all’arricchirsi
dei potenti del mondo e quella volontà di controllo sempre più
totale nei confronti delle persone. Le menzogne della scienza e dei
politici che, fino a quel momento, gli erano sembrate come capricci
di personalità corrotte ora, pur senza redimersi, apparivano
comprensibili.
Non
aveva grandi speranze che l’intervento di un uomo piccolo come lui,
se pur con l’aiuto di Anatolj, potesse fare una grande differenza
in questa partita.
Un’operazione
del genere, che probabilmente andava avanti da decenni, sicuramente
era al riparo della portata di qualsiasi attacco. Se America e Russia
erano riuscite a tenerlo nascosto al resto del mondo così a lungo,
come poteva cambiare qualcosa adesso?.
Aveva
senso porsi quella domanda? Avrebbe fatto la sua parte innanzitutto
perché intendeva salvare la pelle uscendo da quella situazione, se
il suo operato avrebbe contribuito ad evitare la catastrofe che
sembrava doversi abbattere sull’umanità, tanto meglio..."
.."Ed
infatti alla sua sinistra, improvvisamente entrò nel cono di luce un
uomo grasso e così alto che la testa, oltre al lampadario, rimaneva
in ombra. Indossava i pantaloni della mimetica e una canottiera
sporca di chissà cosa. Ed in mano teneva una tenaglia.
A
quel punto fu preso dal panico. La situazione cambiò così
repentinamente e divenne così grottesca che un terrore profondo
invase il suo corpo facendolo tremare intensamente. Quella specie di
boia mise la sua mano enorme sulla sua fronte ed il medico poté
percepire un odore acido e nauseante provenire da quella pelle
lercia. Con le dita callose cominciò a stringergli il naso
tirandogli contemporaneamente la testa all’indietro costringendolo
ad aprire la bocca per respirare. Voleva strappargli i denti. Ma
prima che quella tortura assurda cominciasse il colonnello disse in
tutta tranquillità: “E’ la verità dottor Maddock?”
Ma
il medico non riusciva più a ragionare e quindi solo per un caso
fortuito, solo perché fu la prima cosa che gli venne in mente,
perché avrebbe ammesso qualsiasi cosa, disse: “E’ la verità, è
la verita!” urlò cercando di divincolarsi dalla morsa di
quell’essere.
Seguirono
infiniti attimi di silenzio..."
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